"Tremate, tremate, le streghe son tornate, a vendicar le donne dall'uomo violentate.
Si! si! si! le streghe siamo noi, ma a bruciar sul rogo ci manderemo voi"
EPISODE 3
GENERE: Action,Thriller, Storico
Alla fine degli anni Sessanta i rivoluzionari di sinistra si sentivano pronti per «il balzo in avanti», l'ultima offensiva sociale per la conquista definitiva e ufficiale del potere statale.
Si trattava di scardinare i pilastri dell'identità popolare.
Al Movimento Studentesco era stato affidato il compito di agire sul sociale, mettendo in crisi e abbattendo, fin dove possibile, i concetti di autorità, gerarchia, responsabilità, regola, limite, sostituiti poi dalla «coscienza collettiva», dalla «fantasia al potere», dal «vietato vietare» e da quegli elementi di "lotta sociale" che poi divennero le incubatrici del terrorismo.
Il femminismo doveva essere il grimaldello per scardinare la famiglia, cellula fondamentale della società borghese, e liberare le catene della morale cattolica.
Con i festosi girotondi, la moda delle gonne a fiori e i pantaloni a zampa di elefante, con l'arma della rivoluzione sessuale, si invocava la «liberazione della donna dall'oppressione della società maschilista».
Le parole d'ordine erano «emancipazione» ed «autodeterminazione».
SIGLA
Roma, 8 Marzo 1976
Le riunioni avevano preso un ritmo frenetico. Quelle del collettivo di lettere e filosofia, le riunioni dei collettivi universitari, gl’intercollettivi. Ci si incontrava da tutta la città, Pompeo Magno, il gruppo della Salute di San Lorenzo, la Commissione cultura.
Stavamo preparando l’8 marzo. Eravamo entusiaste, eccitate, convinte di fare qualcosa di nuovo, importante.
Qualche mese prima, nel dicembre 1975, c’era stata una grande manifestazione, eravamo solo noi donne, noi ragazze, senza i nostri compagni maschi. Li avevamo tenuti fuori, io ero nei cordoni che avevano resistito, che avevano respinto assalti anche rabbiosi, ne avevo ricavato un senso di forza mai provato prima.
A febbraio, le studentesse delle scuole medie erano scese in piazza, per la prima volta da sole. “Le streghe siamo noi” era uno dei loro slogan. Aveva colpito i giornalisti e le giornaliste, che l’avevano riportato nelle cronache, avevano cominciato a seguire attentamente questo movimento di donne ribelli. Come tanti uomini che ci guardavano dai marciapiedi e spesso ci insultavano.
E di streghe si parlava, si leggeva.
E di streghe si parlava, si leggeva.
Avevamo letto La Strega di Jules Michelet, avevamo scoperto la strage delle nostre simili, avvenuta nei tribunali e nei roghi dell’Inquisizione in tutta Europa. Nelle riunioni avevamo deciso che dovevamo presentarci come streghe.
Mi ricordo l’incontro del nostro collettivo di lettere per preparare striscioni, e slogan da ritmare nel corteo. Era il 4 marzo.
Eravamo all’aperto, nel piazzale della Minerva della Sapienza. Una del gruppo dice: "Bello Le streghe siamo noi", "ma non possiamo", dice un’altra, "c’è già". "E allora", dice un’altra, "hai presente quella foto di un cartello americano? Witches are coming back, Le streghe sono tornate, va bene no?".
Ma no, è troppo piatto dico, ci vuole qualcosa di più. E, mi ricordo benissimo, ogni volta che lo racconto mi succede di nuovo, mi sentì attraversare come da un brivido, una forza ridente, sfidante. Ci vorrebbe qualcosa, dico, qualcosa che non faccia stare tranquilli, ecco qui il brivido: tremate…
E subito fu ripreso dalle altre, tutte: “Tremate. Tremate le streghe son tornate”.
Nel corteo lo slogan rimbalzò da una all’altra. Ognuna lo sentì suo.
Stoccarda, Germania, 18 agosto 1907
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Si apre il VII Congresso della II Internazionale Socialista. Vi partecipano 84 delegati di 25 nazioni. Tra questi, vi sono le più importanti personalità marxiste: i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin e August Bebel, i russi Lenin e Martov, il francese Jean Jaurès.
Bisogna trattare, oltre al problema dell'atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea e al tema del colonialismo, anche la questione femminile e la rivendicazione del voto alle donne.
Il Congresso vota una risoluzione nella quale i partiti socialisti si impegnano a lottare energicamente per l'introduzione del suffragio universale delle donne.
Dal 26 al 27 agosto si tiene una Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, alla presenza di 58 delegate di 13 paesi, nella quale si decide la creazione di un Ufficio di Informazione delle Donne Socialiste: Clara Zetkin viene eletta segretaria e la rivista da lei redatta, Die Gleichheit (L'uguaglianza), diviene l'organo dell'Internazionale delle donne socialiste.
Copenaghen, Danimarca, 26 Agosto 1910
Alla seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, che si tiene alla Folkets Hus (Casa del popolo) di Copenaghen, le compagne indicono l'8 marzo "giornata internazionale di lotta della donna".
Parigi, 5 Settembre 1791
«La donna nasce libera e ha uguali diritti all'uomo»
La scrittrice Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Gouze, pubblica La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (titolo in francese Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne), esigendo la piena assimilazione legale, politica e sociale delle donne.
In polemica con la Rivoluzione francese, colpevole di aver dimenticato le donne nel suo progetto di libertà e di uguaglianza.
Olympe de Gouges dedica il testo a Marie Antoinette, che descrive come "la più detestata" delle donne. La Dichiarazione afferma: "Questa rivoluzione avrà effetto solo quando tutte le donne diventeranno pienamente consapevoli della loro condizione deplorevole e dei diritti che hanno perso nella società".
La Dichiarazione si apre con la famosa frase: "Uomo, dimmi? Cosa ti ha dato il diritto sovrano di opprimere il mio sesso?".
Chiede al lettore di osservare la natura e le regole degli animali che li circondano - in ogni altra specie, i sessi coesistono e si mescolano pacificamente ed equamente. Chiede perché gli umani non possano agire allo stesso modo e chiede (nel preambolo) che l'Assemblea Nazionale decreti la Dichiarazione come parte della legge francese.
La De Gouges apre il suo poscritto con la dichiarazione: "Donna, svegliati; la chiave della ragione risuona in tutto l'universo: riconosci i tuoi diritti".
Poi, implora le donne di considerare ciò che hanno guadagnato dalla Rivoluzione - "un maggiore disprezzo".
Sostiene che uomini e donne hanno tutto in comune e che le donne devono "unirsi sotto la bandiera della filosofia".
Continua con "il matrimonio è la tomba della fiducia e dell'amore".
De Gouges quindi scrive un contratto sociale (prendendolo in prestito da Rousseau) per uomini e donne, e approfondisce le specificità delle ramificazioni legali e dell'uguaglianza nel matrimonio. In molti modi, riformula il Contratto sociale di Rousseau con un focus che cancella la concezione di genere di un cittadino e crea le condizioni necessarie per favorire entrambe le parti.
Secondo la de Gouges, ciò che affligge il governo sono fisse gerarchie sociali che sono impossibili da mantenere. Ciò che cura un governo è un uguale equilibrio di poteri e una virtù condivisa.
I matrimoni devono essere unioni volontarie da parte di partner uguali che detengono proprietà e figli reciprocamente e ne dispensano di comune accordo. Tutti i bambini prodotti durante questa unione hanno il diritto al nome della madre e del padre, "da qualunque letto provengano".
In risposta alla Dichiarazione della de Gouges, molti dei radicali della rivoluzione la accusarono di tradimento. I giacobini (guidati da Robespierre), dato che la Dichiarazione era indirizzata alla regina, sospettavano che la De Gouges (così come i suoi alleati nei Girondisti) fossero realisti.
Dopo che la De Gouges tentò di pubblicare una nota in cui si chiedeva a un plebiscito di decidere tra tre forme di governo (che includeva una monarchia costituzionale), i giacobini la processarono e la condannarono per tradimento.
Fu condannata alla ghigliottina diventando uno dei tanti "nemici politici" nello stato di Francia rivendicato dal Regno del Terrore.
Viene arrestata e deferita al tribunale rivoluzionario il 6 agosto 1793. Benché ammalata è rinchiusa nella prigione dell'abbazia di Saint-Germain-des-Près, richiedendo invano cure adeguate. divide la cella con Madame de Kolly, una donna incinta già condannata a morte.
Nell'ottobre seguente, ottiene il trasferimento nella pensione di Madame Mahay, una sorta di prigione per ricchi dove il regime carcerario era più blando e tollerante e dove, si dice, avrebbe avuto una relazione con un altro prigioniero. Questi la convince a tentare l'evasione, ma ella preferisce seguire le vie legali contrastando le pesanti accuse contro di lei, reclamando pubblicamente il processo con due manifesti molto coraggiosi che riesce a far uscire clandestinamente di prigione.
Portata in tribunale il mattino del 2 novembre, appena 48 ore dopo l'esecuzione dei suoi amici girondini, viene condannata a morte. Le testimonianze dell'epoca affermano che salì sul patibolo senza alcun timore, con grande coraggio e dignità.
La sua ultima lettera è per suo figlio, l'aiutante generale Aubry de Gouges, che la disconobbe per paura di essere inquisito.
Nella sua Dichiarazione dei Diritti della Donna, aveva ribadito: "Come la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere altresì il diritto di salire alle più alte cariche". Ma il procuratore della Comune di Parigi, Pierre-Gaspard Chaumette, nel suo discorso ai repubblicani, aveva irriso alle sue dichiarazioni e manifestato compiacimento per la condanna a morte, meritata secondo lui perché aveva "dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso".
«Stop al femminicidio».
Questo lo slogan urlato dalle Femen radunatesi a Parigi in segno di protesta.
"Monica, 29 anni, pugnalata", "Taina, 20 anni, bastonata a morte", "Severine, 46 anni, strangolata", sono gli epitaffi scritti con l'acrilico sui petti nudi delle manifestanti nel cuore del Palais-Royal, per lanciare il grido d'allarme contro il "terrorismo patriarcale".
Il torso nudo delle Femen diventa la stele delle "tombe" delle vittime di femminicidio.
FEMEN (in ucraino: Фемен) è un movimento femminista di protesta ucraino fondato a Kiev nel 2008 da Oksana Šačko, Hanna Hucol e Inna Shevchenko.
Il movimento è divenuto famoso, su scala internazionale, per la pratica di manifestare mostrando i seni contro il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali.
Alcuni degli obiettivi del movimento sono "incrementare le capacità intellettuali e morali delle giovani donne in Ucraina", "ricostruire l'immagine dell'Ucraina, un paese dalle ricche opportunità per le donne" e modificare l'immagine dell'Ucraina all'estero da meta di turismo sessuale a paese democratico.
Chiara Paez aveva 14 anni. Era incinta di alcune settimane. L'11 maggio 2015, dopo una ricerca di tre giorni, il suo corpo è stato trovato sepolto nel giardino della casa del suo ragazzo di 16 anni.
Chiara è stata picchiata a morte dopo essere stata costretta a prendere le medicine per interrompere la gravidanza. Il suo ragazzo, che ha confessato il crimine, è stato aiutato da sua madre.
Un paio di mesi prima, il corpo di Daiana Garcia, 19 anni, è stato trovato sul ciglio della strada. I suoi resti erano dentro un sacco della spazzatura.
Il corpo di un'altra ragazza, Melina Romero, è stato trovato a pochi metri da un impianto di trattamento dei rifiuti l'anno precedente. Era scomparsa dopo aver festeggiato il suo diciassettesimo compleanno in una discoteca.
In un altro caso, il corpo di Angeles Rawson, 16 anni, è stato trovato all'interno di una macchina compattatrice di rifiuti.
Tutte vittime della violenza di genere. C'è chi lo chiama "femminicidio".
Anche se mancano statistiche ufficiali, si stima che nel Sudamerica una donna viene uccisa ogni 30 ore. Negli ultimi sette anni, oltre 1.800 donne sono state uccise. Ed è solo la punta dell'iceberg.
La violenza di genere "machista" ha assunto nuove forme perverse ed è entrata in nuovi spazi fuori dal contesto domestico.
Il giorno in cui è stato scoperto il corpo di Chiara tante donne sono scese in strada per gridare "stop al femminicidio". Il seme è stato un tweet in cui Marcela Ojeda, una giornalista radiofonica, ha sfidato le donne in tutto il paese con una frase diventata storica: "Ci stanno uccidendo: non faremo niente?"
Uno slogan è diventato un hashtag: #NiUnaMenos ("Non Una di Meno"). Da lì a poco diventerà un movimento di protesta in tutto il mondo.
Una folla di dimensioni sbalorditive, di circa 200.000 persone, marcia verso il Palazzo del Congresso Nazionale Argentino.
Gruppi di donne provenienti da fuori città sono arrivate con le foto dele loro parenti uccise, vittime del femminicidio. Molte di loro urlano la loro delusione per l'incapacità della polizia e dei tribunali di rispondere adeguatamente.
"Non voglio che tu mi dica come vestirmi", c'è scritto su uno dei cartelli scritti a mano.
Appena 24 ore dopo la fine della marcia la giudice della corte suprema Elena Highton annuncia l'istituzione di un tribunale dedicato ai crimini di femminicidio. L'ufficio della presidente Cristina Fernández de Kirchner da il via a una serie di tweet sottolineando la preoccupazione del suo governo. Il Segretariato per i diritti umani del governo annuncia l'inizio della compilazione di statistiche ufficiali sui femminicidi.
Anche le mobilitazioni del 2016 sono state massicce dopo l'omicidio di Lucía Pérez, una ragazza di 16 anni drogata, brutalmente violentata e poi impalata a Mar del Plata.
Il 19 ottobre NiUnaMenos organizza il primo sciopero di massa femminista in Argentina.
NiUnaMenos cambia la sua strategia di lotta: contro ogni forma di vittimizzazione, lo sciopero situa la violenza contro le donne in un più ampio contesto, economico e sociopolitico. Lo sciopero richiama l'attenzione sulle relazioni di sfruttamento saturate dalla violenza.
Gli uomini che esercitano violenza contro le donne non possono essere visti come semplici casi individuali, non semplicemente come psicopatici.
Piuttosto, sono le condizioni sociopolitiche ed economiche che invocano, approvano e minimizzano questa violenza.
Le pratiche e le strategie delle Madri di Plaza de Mayo, la più importante organizzazione per i diritti umani in Argentina, appartengono anche alla genealogia del nuovo movimento femminile. Partendo da queste linee storiche, nel 2016 è stato possibile sviluppare il movimento femminista al di là di un "movimento a problema unico" e creare alleanze transnazionali contro lo sfruttamento neoliberale in generale.
L'impeto femminista ha lasciato il posto a un movimento mondiale contro le relazioni di dominazione capitalista e sociopolitica, contro l'ingiustizia economica, sociale, politica e giuridica.
Una rivoluzione silenziosa e profonda sta avvenendo nelle società latinoamericane ancora profondamente patriarcali, in particolare nel Cono meridionale, Si sta assistendo al risveglio di molte giovani femministe che vogliono lottare per difendere la vita e i diritti delle donne.
Il movimento sta diventando virale e transnazionale. Le proteste non riguardano più solo il femminicidio. Comprendono tutte le forme di violenza e discriminazione specifiche di genere.
Si dirigono contro il binarismo sessuale eteronormativo, il sessismo, la transfobia e l'omofobia. Chiedono la legalizzazione dell'aborto e dei diritti per le prostitute e le persone trans.
È emerso un ulteriore slogan: "#Vivas Nos Queremos" (Ci vogliamo vivi).
Il collettivo NiUnaMenos prende il nome da una frase del 1995 della poetessa e attivista messicana Susana Chávez, "Ni una muerta más" (in spagnolo "Non più una donna morta"), in segno di protesta contro gli omicidi femminili a Ciudad Juárez.
Chávez stessa è stata assassinata nel 2011. Il suo cadavere è stato ritrovato nella sua cittadina natale il 6 gennaio del 2011, mutilato della mano sinistra, seminudo e con la testa avvolta in un sacchetto di plastica.
Da quel momento la sua frase è diventata un "simbolo di lotta".
"Somos las nietas de todas las brujas que no pudieron quemar, pero è il momento di alzar nuestra voz y gritarle al mundo, NI UNA MAS!"
"Siamo le nipoti di tutte le streghe che non potevano bruciare, ma è tempo di alzare la voce e urlare al mondo, NON UN'ALTRA!"
Must be the season of the witch!
TO BE CONTINUED
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