martedì 16 marzo 2021

UPRISING




EPISODE 9

GENERE: Thriller, True Crime, Storico










Madrid, 16 Febbraio 2021

Van a encarcelarme por contar hechos objetivos, pero jamás van a doblegarme(“Mi metteranno in prigione per aver raccontato fatti oggettivi, ma non mi piegheranno mai”).

La rabbia per la carcerazione del rapper antagonista catalano Pablo Hasel ha prodotto in Spagna una rivolta generazionale che ha infiammato diverse città del paese, in particolare Madrid e Barcellona.

A Barcellona una ragazza ha perduto un occhio raggiunta da una pallottola di plastica sparata dai Mossos d’Esquadra, i gruppi antisommossa.




Pablo Hasel è stato arresatto per alcuni tweet e i testi delle canzoni "Juan Carlos Bobón" e "Ni Felipe VIin cui sbeffeggia la politica della casa regnante. 

Il tribunale lo ha condannato per Injurias a la Corona” (vilipendio alla Corona) e Enaltecimiento del terrorismo” (esaltazione del terrorismo).

 


Nel centro di Madrid, nella centrale piazza di Puerta del Sol, e nel centro di Barcellona, ci sono stati duri scontri con le forze dell’ordine. In entrambe le città sono scese in piazza diverse migliaia di persone.



Alcuni manifestanti hanno eretto barricate date alle fiamme. Nei momenti più tesi della manifestazione di Madrid, diversi manifestanti si sono rifugiati nella “balena di cristallo”, la celebre entrata alla stazione della metropolitana e Cercanias di Sol, per scampare alle cariche delle forze dell’ordine.

Il Ministero degli Interni ha inviato un messaggio di ringraziamento alle forze dell’ordine, “a seguito dei disordini scatenati da una minoranza di violenti”.



Il governo si è dimostrato fermo nel far rispettare la legge e l’ordine pubblico difendendo l’azione dei magistrati che hanno applicato alla lettera la cosiddetta “Ley Mordaza” sulla sicurezza che punisce non solo il vilipendio nei confronti del Re ma anche le espressioni verbali ritenute violente.

Molte personalità della cultura spagnola (fra cui Pedro Almodovar e Javier Bardém) si sono schierate a favore della liberazione di Pablo Hasél. Amnesty International ha promosso un manifesto che ha raccolto quasi un milione di firme.





L’irriverenza e il tono violento delle invettive del rapper antagonista sottolineano quanto sia divenuto fragile il consenso verso l’istituzione monarchica, colpita dallo scandalo che ha coinvolto il Re emerito

Juan Carlos ha pagato 4,4 milioni di euro per regolarizzare un debito fiscale derivante da dieci anni di voli su jet di una compagnia privata (valore superiore agli 8 milioni di euro) offerti dalla fondazione Zagatka, sede nel Liechtenstein, di proprietà di Álvaro de Orleans, cugino dell’ex re. 

In precedenza aveva versato 678mila euro per liquidre un altro debito tributario per una donazione non dichiarata utilizzando carte di credito legate a fondi del magnate messicano Allen Sanginés-Krause. Una vicenda sulla quale sta ancora indaga la procura anticorruzione di Madrid.





Juan Carlos ha pensato bene di lasciare la Spagna e rigugiarsi ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, ospite del principe ereditario Mohammed bin Zayed.

Resta ancora irrisolto il caso della donazione da 100 milioni di dollari che Juan Carlos di Borbone – all’epoca ancora sul trono – ricevette nel 2008 dall’allora re saudita Abdallah (denaro poi girato all’ex amante Corinna Larsen su un conto a Nassau). 

Il sospetto, avanzato dal procuratore svizzero Yves Bertossa, è che quel maxi-regalo fosse una commissione per il ruolo da intermediario avuto da Juan Carlos per l’assegnazione – avvenuta nel 2011 - a un consorzio di 12 imprese spagnole del contratto per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità La Mecca-Medina: un affare da 6,7 miliardi di euro.




Tra questioni politiche irrisolte (la crisi territoriale catalana), crisi istituzionali latenti, il divampare di diseguaglianze economiche a causa della pandemia, la ribellione appare come la logica conseguenza dell’immobilismo conservatore.








Mexico City, 8 Marzo 2021

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, le donne di tutto il Messico sono scese in piazza per protestare contro il sostegno dato dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO) ad un politico accusato di stupro.

Secondo il think tank Mexico Evalua, che ha analizzato i dati del governo, cinque milioni di donne sono state vittime di molestie, abusi sessuali, tentato stupro o stupro nella seconda metà del 2020 in Messico, la stragrande maggioranza delle quali non ha denunciato.



Le attiviste hanno esposto uno striscione viola che dichiara "nessun molestatore al potere" nella piazza principale di Città del Messico.

Al palazzo nazionale, dove risiede Lopez Obrador, i manifestanti hanno dipinto i nomi di centinaia di vittime di femminicidio su barriere metalliche alte 3 metri erette per proteggere l'edificio storico dai manifestanti.


I manifestanti hanno abbattuto una sezione delle barriere e dipinto marciapiedi, chioschi e facciate commerciali con graffiti accusando il governo di non aver fatto abbastanza per perseguire i femminicidi e commemorare le donne assassinate.



I dati del governo messicano mostrano almeno 939 casi di femminicidio, omicidi che hanno preso di mira specificamente le donne. Il crimine è aumentato di quasi il 130% tra il 2015 e il 2020.




Le attiviste hanno anche proiettato slogan femministi in piena luce sulla facciata del palazzo barricata, incluso un messaggio che diceva "Uno stupratore non sarà governatore", riferendosi a Felix Salgado, candidato governatore per lo stato di Guerrero.



Lopez Obrador è stato per settimane al fianco di Salgado, candidato del suo partito. Ha respinto le sue richieste di dimessioni dichiarando le accuse di stupro "motivate politicamente".



Le donne che accusano Salgado di stupro e violenza sessuale sono almeno due, anche se i media messicani hanno parlato di altri casi, emersi nelle ultime settimane dopo l’ufficializzazione della sua candidatura a governatore.

 Il caso più antico risale al 1998: Basilia Castañeda ha accusato Salgado di averla stuprata nella sua casa di Acapulco, nello stato di Guerrero, quando lei aveva 17 anni. Andò dalla polizia per denunciare l’accaduto due anni dopo, ma il funzionario che ricevette la denuncia la convinse a ritirarla.

Castañeda ha ripresentato la sua denuncia nel novembre dell’anno scorso, ma il caso aveva ormai superato i termini della prescrizione.

L’ultimo caso noto risale al 2018: una giornalista di La Jornada Guerrero, un quotidiano di proprietà di Salgado, ha detto di essere stata attirata da Salgado in casa sua, drogata e stuprata. Salgado avrebbe poi usato fotografie di lei nuda, scattate mentre era incosciente, per ricattarla e costringerla ad avere altri rapporti. 

L’allora procuratore generale dello stato di Guerrero, Xavier Oléa, ha detto in interviste ai media locali che avrebbe voluto aprire un caso contro Salgado, ma che l’allora governatore dello stato glielo impedì.

Per ora non ci sono procedimenti penali aperti contro Salgado: il suo avvocato sostiene che non ci siano prove contro di lui e che le accuse siano tutte inventate.




López Obrador ha difeso Salgado e denunciato le sue accusatrici. In una conferenza stampa tenuta il mese scorso, incalzato dai giornalisti, ha risposto stizzito: «Ya chole» che significa: ne ho abbastanza.

López Obrador ha parlato esplicitamente di «linciaggio mediatico» e ha fatto un paragone perfino con la propaganda nazista degli anni Trenta. 

Eletto nel 2018 a capo di una coalizione di sinistra, López Obrador, attivista e sindacalista di lunga data, si era presentato come candidato femminista e difensore dei diritti dei più deboli, tra cui le popolazioni indigene e le donne.

L’anno scorso, dopo due femminicidi particolarmente cruenti  (uno di una ragazza di 25 anni, uno di una bambina di 7), López Obrador disse che questi casi erano stati «manipolati dai media» e che i suoi avversari conservatori si erano «travestiti da femministi» per attaccarlo. 









Canberra, 4 Marzo 2021

Brittany Higgins ex membro dello staff del Partito Liberale, appare davanti all'edificio che ospita il parlamento australiano. 

"Siamo tutti qui oggi, non perché vogliamo essere qui, ma perché dobbiamo essere qui.

Riconosciamo fondamentalmente che il sistema è marcio, ci sono carenze significative nelle strutture di potere all'interno delle nostre istituzioni.

La mia storia è un doloroso promemoria per le donne. Se può accadere al Parlamento e può davvero accadere ovunque".

La Higgins ha denunciato di essere stata violentata all’interno della Camera dei Rappresentanti del Parlamento

La donna, allora 24 anni, ha detto che lo stupro è avvenuto nel 2019 nell’ufficio della Ministra della Difesa, Linda Reynolds: a violentarla fu un altro collaboratore del partito, di cui Higgins non ha fatto pubblicamente il nome.

Anziché denunciare l'episodio alla polizia, i suoi superiori l'avrebbero costretta a incontrare il suo stupratore

Il primo ministro australiano Scott Morison, leader del Partito Liberale, ha chiesto pubblicamente scusa a Higgins: "Una cosa del genere non sarebbe mai dovuta accadere".






La campagna #MarchForJustice ha richiamato decine di migliaia di persone a Canberra, Sydney, Melbourne e Brisbane per chiedere un'azione contro gli abusi sessuali sul posto di lavoro.

Centinaia di manifestanti accorsi davanti al Parlamento hanno anche chiesto il licenziamento del procuratore generale Christian Porter



Porter è accusato di aver violentato una ragazza di 16 anni nel 1988. Le accuse derivano da una lettera inviata da presunti amici della vittima, che si è suicidata lo scorso anno. 

Porter ha negato apertamente le accuse e ha intentato una causa per diffamazione contro l'emittente televisiva australiana ABC News per aver pubblicato la lettera.









Londra, 13 Marzo 2021

I resti di Sarah Everard sono stati ritrovati in un bosco nella zona di Ashford, nel Kent, sud dell'Inghilterra

La donna, 33 anni, dopo aver fatto visita ad un amica nel quartiere di Clapham, stava camminando per strada, poi, improvvisamente, è sparita.

Wayne Couzens, 48 anni, un poliziotto, appartenente a una unità d'elite della Met Police della City, è il principale sospettato.

"Non ho mai conosciuto un tale sfogo di rabbia e paura", dice l'attivista femminista Caroline Criado-Perez

"Stiamo vivendo un momento #MeToo in questo momento", dice la scrittrice Mary Morgan, tra gli organizzatori della veglia per Sarah Everard, “stiamo mostrando al mondo quanto sia profonda e diffusa la violenza di genere. Abbiamo bisogno di un cambiamento sociale urgente".




Una donna muore per mano di un uomo ogni tre giorni, secondo il Femicide Census effettuato da Karen Ingala Smith e Clarrie O'Callaghan. 1.425 donne e ragazze sono state uccise nel Regno Unito tra il 2009 e il 2018.

"Queste morti sono solo la punta di un iceberg molto profondo", afferma Andrea Simon, di End Violence Against Women (EVAW), "la violenza contro donne e ragazze ha raggiunto proporzioni endemiche".

Un sondaggio di UN Women UK ha rivelato che quasi tutte le giovani donne hanno subito molestie sessuali in luoghi pubblici.

Secondo il rapporto più recente di EVAW quasi una donna su tre subirà abusi domestici, due donne a settimana in Inghilterra e Galles vengono uccise dal partner attuale o ex, più di mezzo milione di donne vengono violentate o molestate sessualmente ogni anno.


Il numero totale di donne uccise nell'anno conclusosi a marzo 2019 è aumentato del 10%, da 220 a 241, il numero più alto dal 2006.

Una parte importante del problema è il ripetuto fallimento del sistema di giustizia penaleLe condanne per stupro sono scese al minimo storico.

"L'abuso, le molestie e l'omicidio delle donne è un riflesso della misoginia sistemica e del sessismo all'interno della società", dice Simon.




«Ero andata a sostenere il diritto delle donne, di tutte le donne, di camminare per strada senza aver paura». 

L'immagine di Patsy Stevensoncon i suoi capelli rossi, ha fatto il giro del mondo. 

Si era recata a Clapham per rendere omaggio a Sarah Everard. «Non stavo facendo niente. Ero lì ferma, volevo mettere il mio mazzo di fiori con gli altri, non ne ho avuto il tempo». 

Stevenson è stata circondata da agenti della polizia, strattonata, spinta per terra, immobilizzata, ammanettata. La foto è finita sulle prime pagine di tutti i giornali britannici, il filmato sulle tv, sui siti Internet, i social. 



Più di 150 organizzazioni hanno avvertito i ministri che la nuova legge che intende conferire alla polizia poteri più severi per reprimere i manifestanti sarebbe "un attacco ad alcuni dei diritti più fondamentali dei cittadini".

I firmatari della lettera includono gruppi locali Liberty, Big Brother Watch, Unite, End Violence Against Women Coalition, Unlock Democracy, Cafod e Extinction Rebellion.

Il leader dei liberaldemocratici Sir Ed Davey, ha chiesto al commissario del Met Cressida Dick di dimettersi per la gestione della veglia da parte degli ufficiali.

Il governo è stato sommerso da migliaia di storie personali di molestie da parte di donne e ragazze in tutto il paese mentre crescono le richieste di una maggiore protezione legale.

La ministra dell'Interno Priti Patel ha detto di essere determinata "a fare tutto il possibile per prevenire crimini che colpiscono in modo sproporzionato donne e ragazze". 



SIGLA











Rangoon, Settembre 1987

Dal colpo di stato militare del 2 marzo 1962, la Birmania è governata dal regime repressivo e isolato del generale Ne Win

Il paese è stato classificato come uno dei paesi meno sviluppati del mondo dalle Nazioni Unite e sull'orlo di un collasso socio-economico.

Già a novembre del 1985, gli studenti avevano boicottato la decisione del governo di ritirare le banconote birmane in valuta locale. 

A settembre 1987, il generale Ne Win annuncia il ritiro delle banconote da 75 e 25 kyat mettendo in atto una completa demonetizzazione delle banconote di piccole dimensioni. Un provvedimento che va a colpire i risparmi popolari.

Le manifestazioni di protesta iniziano all'Università di Rangoon e si diffondono sia nella capitale che a Mandalay, dove vengono dati alle fiamme edifici governativi e di Stato. 




Rangoon, 13 marzo 1988

Il governo impone la legge marziale dando potere assoluto al comandante in capo, il generale Saw Maung, al fine di reprimere le manifestazioni.

Ne Win ordina che "le armi non devono sparare verso l'alto".

Gli studenti del Rangoon Institute of Technology (ora Yangon Technological University) stanno protestando all'interno del loro campus. 



I militari sparano e uccidono lo studente attivista 23enne Ko Phone Maw di fronte all'edificio principale dell'YTU. 



Rangoon, 16 Marzo 1988

I campus vengono sigillati dalle forze anti-sommossa guidate dal generale Sein Lwin. Centinaia di studenti sono  arrestati. 

Mentre marciano su Pyay Road, vicino all'argine del lago Inya, un migliaio di manifestanti (principalmente della Rangoon Arts and Science University) vengono circondati.

Circa 200 studenti finiscono annegati nel lagoSi racconta che su quel ponte i militari abbiano sparato fino a quando il ponte stesso non è diventato rosso del sangue degli studenti.

Le università vengono chiuse dal regime per impedire ulteriori proteste studentesche.



Rangoon, 23 luglio 1988

Il generale Ne Win si dimette dalla sua funzione di Presidente della Repubblica di Birmania e Presidente del Burma Socialist Program Party (BSPP). 

Gli succede il generale Sein Lwin, premiato per aver orchestrato le sanguinose repressioni di marzo e giugno (guadagnandosi il soprannome di "Macellaio di Rangoon").






Rangoon, 8 agosto 1988

Gli studenti pianificano un raduno imponente. Viene scelto l'8/ 8/88, con i suoi numeri immediatamente riconoscibili.

Le città di tutta la Birmania si riempiono di manifestanti. 

Centinaia di migliaia di persone marciano per le strade della capitale, chiedendo la fine del governo militare e una transizione verso la democrazia.




È la più grande protesta di massa nel paese dopo l'indipendenza nel 1948.

Alle dimostrazioni prendono parte anche le minoranze etniche e i musulmani.



Poco prima di mezzanotte, i militari aprono il fuoco sui manifestanti. 

Molte persone vengono uccise e ferite anche con le baionette.

I dimostranti rispondono lanciando bottiglie Molotov, armi da taglio, frecce avvelenate. Centinaia le vittime.

Le proteste continuano.


Rangoon, 26 agosto 1988

Aung San Suu Kyi, la figlia del leader dell'indipendenza birmana, l'eroe nazionale Aung Sandavanti alla Pagoda di Shwedagon arringa una folla enorme invitando il popolo a continuare la rivolta contro i militari con la non violenza.

Ma gli scontri diventano ancora più violenti.



Rangoon, 18 settembre 1988

Un colpo di Stato guidato dal generale Saw Maung abroga la Costituzione del 1974

Il potere passa alla neonata giunta militare chiamata Consiglio di Stato per la Restaurazione della Legge e dell'Ordine. Vengono imposte rigide misure di sicurezza, tra cui la legge marziale,

I soldati sparano ripetutamente sulla folla. Altre centinaia di vittime. Molti vengono arrestati.

Si stima che nella prima settimana dopo il golpe abbiano perso la vita circa 1.500 persone, 500 delle quali dimostravano fuori dall'ambasciata statunitense.

Alla fine del 1988, tra dimostranti e militari si contano 10.000 vittime. Senza contare gli scomparsi.




Rangoon, 5 settembre 2007

L'esercito mantiene saldamente il controllo.

La maggior parte di coloro che hanno guidato le proteste del 1988 sono in esilio all'estero, in clandestinità o in prigione.

Milioni di persone vivono in condizioni di estrema povertà.

Alle proteste antigovernative non-violente si sono uniti anche i monaci buddisti.

Le forze militari reagiscono violentemente facendo dozzine di vittime.

Aung San Suu Kyi, tra i fondatori della Lega Nazionale per la Democrazia (LND), partito di opposizione alle dittature militari, rimane agli arresti domiciliari.




In ricordo degli eventi della rivolta 8888, il 13 marzo è stato proclamato "Burma Human Rights Day".
 





Aung San Suu Kyi è stata rilasciata nel 2008 quando l'esercito ha iniziato le riforme democratiche.



La sua Lega Nazionale per la Democrazia ha vinto le elezioni nel 2015 e di nuovo a novembre del 2020.



Yangon, 01 febbraio 2021

Un colpo di stato rovescia il governo Suu Kyi

Molti dei suoi colleghi di gabinetto vengono arrestati, accusatii di frode nelle elezioni di novembre.

I militari hanno stretti legami con la Cina.




Yangon, 9 Febbraio 2021

I soldati occupano ospedali e università in tutto il paese nel tentativo di reprimere il movimento di disobbedienza civile iniziato con dipendenti governativi come medici e insegnanti, ma che si è espanso fino a diventare uno sciopero generale che ha paralizzato molti settori dell'economia.

Mya Thwe Thwe Khaing, 20 anni, rimane ferita a un colpo alla testa di un mitragliatore di tipo Uzi mentre cerca di allontarnarsi da una manifestazione dispersa dagli idranti della polizia. 

Ricoverata in condizioni critiche in un ospedale della capitale, muore  dopo che - con il permesso della sua famiglia - vengono staccate le macchine che la tenevano in vita

È la prima vittima delle manifestazioni anti-colpo di stato.








Mandalay, 5 Marzo 2021

Kyal Sin, soprannominata Angel, 19 anni, prende parte alle proteste indossando una maglietta con la scritta "Everything will be ok", andrà tutto bene. 

La giornata finisce con un massacro: Angel viene centrata da un proiettile alla testa.

Altri 37 manifestanti sono uccisi in varie città del Myanmar.





Mandalay, 6 marzo 2021

Una folla immensa si ritrova per il funerale di Angel, proclamata sui social eroina della resistenza non violenta invocata da Aung San Suu Kyi, di nuovo agli arresti domiciliari. 

I manifestanti sono pienamente consapevoli di andare incontro alla morte, hanno di fronte poliziotti e militari che sparano perfino a chi riprende la repressione dalla finestra di casa o alle ambulanze che soccorrono i feriti. 




Le esequie di Kyal Sin si trasformano nell'ennesima manifestazione contro la giunta che ha preso il potere il 1° febbraio.

Le immagini che arrivano dal Myanmar mostrano giovani inermi allineati, colpiti ripetutamente alla nuca dagli agenti coi calci dei fucili, fino a lasciarli privi di sensi. 

Human Rights Watch denuncia l'esecuzione, con un proiettile alla schiena, di un manifestante in stato d'arresto.





L'organizzazione non governativa locale Mido scopre oltre 800 video-minacce di morte lanciate da poliziotti e militari via TikTok. In uno dei filmati si vede un soldato in divisa puntare il fucile verso la telecamera e avvertire: «Se volete diventare dei martiri, esaudirò il vostro desiderio». 

L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, invita i militari a «fermare le loro feroce repressione contro dimostranti pacifici». 

A Yangon, un centinaio di poliziotti disertano, entrando nel movimento di disobbedienza civile.



Washington, 12 marzo 2021

Il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden inaugura il primo vertice ufficiale di un gruppo noto come Quad, di cui fanno parte India, Giappone e Australia.

"Come sostenitori di lunga data del Myanmar e del suo popolo, sottolineiamo l'urgente necessità di ripristinare la democrazia e la priorità di rafforzare la resilienza democratica", hanno detto i quattro leader in una dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca.







Yangon, 14 marzo 2021

Altre 18 persone sono uccise durante le manifestazioni di protesta.

Un gruppo di parlamentari estromessi esorta i cittadini a difendersi durante il "momento più oscuro" della nazione.



A Hlaing Tharyar, nella parte occidentale di  Yangon, uno dei comuni più grandi del paese, polizia e soldati si scontrano con i manifestanti che brandiscono bastoni e coltelli mentre si nascondono dietro barricate improvvisate.

I manifestanti - usando bidoni della spazzatura ritagliati come scudi - riescono a recuperare i feriti, ma non tutti possono essere raggiunti.

Il gruppo di monitoraggio Assistance Association for Political Prisoners - che verifica gli arresti e le vittime dal colpo di stato - conferma un numero di morti più elevato.




Il telegiornale della sera riporta un altro decesso nella cittadina di Tamwe, dopo che centinaia di manifestanti hanno tentato di dare fuoco a una stazione di polizia.

Scene simili di caos si svolgono in altre parti del Myanmar. Una persona è  uccisa a colpi di arma da fuoco nella città settentrionale di Hpakant, una donna muore dopo essere stata colpita alla testa a Mandalay.


Nonostante lo spargimento di sangue quotidiano, il movimento anti-golpe rafforza l'opposizione.

Il vicepresidente ad interim del Comitato per la Rappresentanza Pyidaungsu Hluttaw, un parlamento ombra formato da parlamentari eletti, chiede al popolo di continuare a protestare contro la "dittatura ingiusta" dei militari.

"Ho visto gli eroi caduti dare la vita", dice Ma Khine Lay, 21 anni, "combatterò fino alla fine".





Myitkyina, 10 marzo 2021

L'immagine di una suora inginocchiata davanti a un gruppo di poliziotti pesantemente armati mentre li implora di risparmiare "i bambini" diventa virale.




I manifestanti sono scesi per le strade di Myitkyina, la capitale dello stato Kachin, indossando elmetti e portando scudi fatti in casa.

"La polizia stava cercando di arrestarli ed ero preoccupata per i bambini", ha raccontato la sorella Ann Rose Nu Tawng, li ho implorati di non sparare, di non ferire i manifestanti, di trattarli gentilmente come membri della famiglia".

"Ho detto loro che possono uccidermi, non mi alzerò fino a quando non avranno promesso di non reprimere brutalmente i manifestanti".

Subito dopo sono iniziati i colpi di arma da fuoco.

Almeno due manifestanti sono stati uccisi e molti altri feriti.









Più di 70 persone sono state uccise in Myanmar dall'inizio delle proteste.
 
Giungono racconti strazianti di uccisioni, maltrattamenti, torture di prigionieri.

"La Cina esorta il Myanmar ad adottare ulteriori misure per fermare tutti gli atti di violenza, punire gli autori in conformità con la legge e garantire la sicurezza della vita e della proprietà delle società e del personale cinesi in Myanmar", afferma una dichiarazione dell'ambasciata cinese.




Christine Schraner Burgener, inviata speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Myanmar, ha condannato fermamente le violenze dei militari chiedendo pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

La brutalità in atto, anche contro il personale medico e la distruzione delle infrastrutture pubbliche, mina gravemente ogni prospettiva di pace e stabilità. La comunità internazionale, compresi gli attori regionali, deve unirsi in solidarietà con il popolo del Myanmar e le sue aspirazioni democratiche”.

L'ambasciatore britannico in Myanmar Dan Chugg ha detto che "il governo britannico è sconvolto dall'uso della forza mortale da parte delle forze di sicurezza contro persone innocenti", chiedendo l'immediata cessazione delle violenze e che l'esercito restituisca il potere ai leader democraticamente eletti.

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In più città del Myanmar, i manifestanti alzano una mano, allungando tre dita

Questo gesto è diventato un simbolo di resistenza a ciò che sta accadendo nel loro paese. 









Il gesto viene da "Hunger Games", fortunata serie di film tratta dai romanzi di Suzanne Collins con Jennifer Lawrence come protagonista. 

Nel film, ambientato in un mondo post-apocalittico in cui una capitale tirannica (Capitol City) tiene sotto il proprio giogo i distretti che – anni prima – avevano osato combattere il potere, i simboli della ribellione sono una spilla, raffigurante un uccello, e il saluto con le tre dita alzate



A maggio 2014, in Thailandia, un colpo di stato di stampo militare fu seguito da manifestazioni di protesta in tutto il Paese: subito, il segno distintivo degli oppositori divenne il saluto con le tre dita, ed ebbe una diffusione talmente rapida e un successo talmente ampio da obbligare la autorità a proibirlo

Pochi mesi dopo, a novembre, nelle sale debuttò il terzo film della saga di Hunger Games: molti manifestanti, presentatisi al cinema, furono portati via per aver sollevato al cielo le tre dita. 

Alcune sale proibirono il film, ma questo non fermò le proteste. 



Il gesto è stato usato anche durante la cosiddetta “Rivoluzione degli Ombrelli” di Hong Kong, sempre nel 2014. 

Allora, l’oggetto della protesta era la concessione del suffragio universale, e il simbolo divennero gli ombrelli gialli usati dai manifestanti per proteggersi dai gas lacrimogeni della polizia. 










Pechino, 28 febbraio 2021

47 attivisti per la democrazia sono stati accusati di aver violato la nuova legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino. 

Si tratta del maggior numero di incriminazioni avvenuto finora sulla base della controversa legge, la cui introduzione, a giugno 2020, aveva sollevato imponenti proteste nell’ex colonia inglese.

Tra gli attivisti accusati di “cospirazione sovversiva” vi sono Leung Kwok-hung, Jimmy Sham, Owen Chow e Frankie Fung.

La legge, che punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere, è stata studiata appositamente per reprimere il movimento pro-democrazia.


Pechino, 11 marzo 2021


Solo i Patrioti governano Hong Kong”.

I delegati del Partito Comunista Cinese hanno approvato all’unanimità - tranne un’astensione – nuove leggi che assicurano che solo quelli che Pechino ritiene “patrioti” – cioè la cui fedeltà ai dettami del Partito sia provata e garantita - potranno d’ora in avanti governare Hong Kong.




La nuova legge prevede l’eliminazione dal comitato elettorale gli attuali 117 seggi che spettavano ai consiglieri distrettuali eletti nelle elezioni comunali.

Il 99% di questi seggi erano detenuti da attivisti dell’opposizione che avevano preso parte alle proteste oceaniche del 2019, elementi ritenuti “anti-governativi e anti-cinesi intenzionati a minacciare la sicurezza nazionale”. 

Con un tratto di penna è stata cancellata l’unica forma di rappresentanza democratica “dal basso”, proveniente dai territori.

"Pechino ha platealmente disatteso gli impegni firmati all’interno di accordi che sarebbero invece giuridicamente vincolanti, secondo i principi del Diritto Internazionale tra gli Stati", ha dichiarato il Ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, “ciò può solo minare ulteriormente la fiducia verso la Cina come membro di spicco della comunità internazionale”. 





Detenzione di massa. Sorveglianza sistematica. Tortura diffusa. Milioni nei campi di lavoro forzato. Genocidio. 

Questi sono i tratti distintivi del governo di Chen Quanguo.

Chen è stato l'artefice delle violazioni dei diritti umani contro tibetani, uiguri e kazaki negli ultimi 10 anni e il mondo non ha fatto nulla.


Chiediamo che il governo britannico ritenga Chen responsabile di questi abusi diffusi. 

Il nome di Chen deve essere aggiunto alla lista del regime globale di sanzioni per i diritti umani.

Gli Stati Uniti hanno già imposto sanzioni a Chen ed è tempo che il Regno Unito faccia altrettanto. 

Ciò costituirà un precedente che altri paesi possono e devono seguire. 

Che tu sia nel Regno Unito o altrove nel mondo, ti invitiamo a firmare questa petizione.




TO BE CONTINUED

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