sabato 6 febbraio 2021

A PUNK PRAYER




"No pasarán!"

Dolores Ibárruri



EPISODE 8

GENERE: Thriller, True Crime, Storico







Parigi, Place de la Republique, 30 Gennaio 2021


Raduni di massa chiamati "Marce per la Libertà" si sono tenuti a Parigi e in altre città francesi dopo che il parlamento ha approvato un controverso "disegno di legge sulla sicurezza globale" che criminalizza la diffusione di foto e video di agenti di polizia.





L'articolo 24 del disegno di legge prevede fino a un anno di reclusione e una multa di 45.000 euro per la diffusione di video e foto che identificano agenti di polizia con l'intenzione di danneggiarli - sanzioni che i critici ritengono una minaccia alla libertà di stampa

Ovunque i manifestanti gridano contro lo stato di emergenza e lo stato di polizia.


La polizia è interenuta per sgomberare gruppi di giovani che vevano organizzato un rave party non autorizzato.

Si sono uniti alla manifestazione anche gruppi dei Gilet Gialli contrari ad un nuovo confinamento anti-Covid.



Le immagini dei poliziotti che pestano  un produttore musicale nero nel suo studio parigino a novembre 2020 hanno amplificato la rabbia per questa proposta di legge "orwelliana" vista come un svolta a destra del premier Emnuel Macron.

Michel Zecler è stato picchiato brutalmente per 15 minuti con calci, botte e manganellate mentre quattro agenti gli gridavano insulti razzisti.

Il filmato del pestaggio, diventato virale, è stato ripreso dalle telecamere di video sorveglianza e diffuso dal sito di informazione Loopsid.

La polizia ha parlato di un atto di ribellione dopo che all'uomo era stato chiesto di indossare la mascherina ma è stata clamorosamente smentita dalle immagini.

Più recentemente le telecamente hanno ripreso la polizia prigina usare violenza per sgombrare un campo abusivo di immigrati.







Ado Hondo, 19 Gennaio 2021

Una marea umana di migranti honduregni, forse la carovana più numerosa fra quelle partite dal 2018 verso gli Stati Uniti, è stata respinta dalle forze di sicurezza guatemalteche nei pressi del villaggio di Vado Hondo, a circa 56 km dagli attraversamenti di confine in Honduras ed El Salvador. 

I militari hanno usato i manganelli contro migliaia di migranti, tra cui numerose donne e bambini. 

Spinte da povertà, disoccupazione e dalla perdita dei loro beni, anche a causa dei due uragani Eta e Iota abbattutisi in Honduras a dicembre, molte migliaia di persone - si stima fra le 6.000 e le 9.000 - hanno deciso di mettersi in cammino a piedi e con mezzi di fortuna.

Dopo aver attraversato il confine guatemalteco, i migranti non hanno esitato a tentare a Vado Hondo, nel dipartimento di Chiquipulas, lo sfondamento di uno sbarramento di agenti di polizia e soldati che hanno però risposto con l’uso di sfollagente, gas lacrimogeni e granate assordanti, riuscendo a fermarli.

Le forze di sicurezza guatemalteche sono poi nuovamente intervenute con la forza per rimuovere le barricate erette dai membri della carovana che hanno bloccato di centinaia di camion e auto per 48 ore.



Di fronte a questa emergenza il sottosegretario di Stato ad interim per gli Affari dell’Emisfero occidentale, Michael Kozak, ha appoggiato via Twitter “gli sforzi legali di Guatemala e Messico per garantire frontiere sicure, salvaguardare la salute e una migrazione sicura, ordinata e legale in questo emisfero”.

Le speranze delle migliaia di migranti sono state raffreddate anche dal ‘Transition Team’ del presidente eletto Joe Biden. “Gli aiuti stanno arrivando - ha detto un portavoce - ma ora non è il momento di mettersi in viaggio verso gli Usa”. I migranti, ha sottolineato, “devono capire che la situazione al confine non cambierà dall’oggi al domani”. 

Il ministro degli Esteri del Guatemala, Pedro Brolo, ha ribadito che “siamo di fronte a una crisi globale. Il flusso migratorio potrà essere ridotto solo con un piano di sviluppo sostenibile che crei crescita ed occupazione”.

I migranti sono stati riaccompagnati al valico di frontiera di El Florido. Il Messico, che ha chiuso il proprio confine alla carovana, ha inviato anche propri autobus. Ma molti si sono rifiutati di salire a bordo.




 



Rotterdam, 26 gennaio 2021

Violenti disordini in molte città dell'Olanda, in particolare a Rotterdam. Centinaia di arresti. 

Non sono più disposti a indossare la mascherina, né a rispettare distanziamento e limitazioni. 

Si appellano a una parola: libertà. 

Un gruppo di giovani celebrità ha lanciato l’hashtag #ikdoenietmeermee (“Non partecipo più”), per ribellarsi alle norme imposte dal governo al fine di controllare la diffusione della pandemia.




A lanciare il trend è stata la rapper e modella Famke Louise, 21 anni. Si è rivolta al suo milione di follower affermando di non voler accettare il crescente numero di restrizioni: “Solo insieme possiamo riprendere il controllo del governo. Libertà alle persone”. 

Si sono uniti alla sua protesta anche la star dell’hip hop Bizzey, 35 anni, e i cantanti Tim Douwsma e Thomas Berge.

“Non teniamo più la bocca chiusa. La nostra economia è sull’orlo del collasso. Il comportamento umano viene criminalizzato”, dicono gli artisti in filmati trasmessi sui loro social in cui si scagliano contro l’operato del premier Mark Rutte



SIGLA







Nuova Delhi, 26 Gennaio 2021

Gruppi di agricoltori hanno infranto le barricate della polizia al confine di Tikri per entrare nella città di Delhi, al fine di iniziare il loro raduno di trattori prima del tempo concordato con la polizia, dopo la fine della parata ufficiale della Festa della Repubblica a Rajpath.



Gli agricoltori, che protestano contro le nuove leggi sull'agricoltura, hanno sfondato le barricate della polizia intorno alla capitale ed sono entrati nel terreno dello storico Forte Rosso di Nuova Delhi. 

La polizia ha colpito i manifestanti con manganelli e ha sparato gas lacrimogeni per cercare di disperdere le centinaia di migliaia di agricoltori, molti su trattori o cavalli.

I servizi Internet mobili sono stati sospesi in alcune parti ddella città e alcune stazioni della metropolitana sono state chiuse. 

Il ministro degli interni Amit Shah ha incontrato la polizia per discutere su come tenere sotto controllo le proteste.



In piedi sui bastioni del Forte Rosso, Diljender Singh, un contadino del Punjab, tiene in alto il Nishan Sahib, la bandiera del Sikhismola quinta religione organizzata più grande del mondo.

"Abbiamo protestato negli ultimi sei mesi, ma il governo non si è preoccupato di ascoltarci", ha detto Singh, “i nostri antenati hanno caricato questo forte diverse volte nella storia. Possiamo farlo di nuovo e di più se le nostre richieste non verranno soddisfatte ".



Da novembre 2020 decine di migliaia di agricoltori si sono accampati alla periferia della capitale, protestando contro le nuove leggi che deregolamentano il mercato agricolo minacciando la loro sopravvivenza.


"Non importa quanta forza usi il governo Modi, non soccomberemo", dice TenJaspal Singh, 50 anni, un contadino del distretto di Gurdaspur nel Punjab.


L'agricoltura indiana è un settore afflitto da povertà e inefficienza. I tassi di suicidio tra gli agricoltori sono tra i più alti al mondo.

La loro situazione è stata ignorata per decenni e ora i cambiamenti che aprono agli investimenti privati metteranno gli agricoltori alla mercé delle grandi aziende.











Malkeet Singh, 60 anni, della zona Mansa del Punjab, dice: Se non protestiamo adesso contro queste leggi i nostri figli moriranno di fame. Non torneremo indietro fino a quando le leggi non saranno revocate".

Nove cicli di negoziati con il governo non sono riusciti a raggiungere un accordo.

La corte suprema ha sospeso le leggi e ha istituito un comitato speciale per tentare di risolvere lo stallo. Tuttavia, i leader degli agricoltori hanno detto di non voler collaborare con il comitato, accusanto di essere troppo pro-Modi.




Gli agricoltori chiedono al governo indiano di ritirare le leggi, introdotte durante i blocchi anti Covid-19 senza consultare le parti interessate.

Le leggi, volte a liberalizzare l'agricoltura indiana, creando monopoli privati ​​nel mercato, penalizerranno i piccoli agricoltori.

Dato che l'86% degli agricoltori in India sono piccoli proprietari terrieri (che possiedono meno di due ettari), la forte opposizione alle leggi non sorprende affatto.

La protesta è riuscita a includere e mobilitare anche le donne. 



Le donne dell'India rurale contribuiscono direttamente alla produzione agricola sotto forma di lavoro nelle fattorie a conduzione familiare, nonché indirettamente attraverso la cucina, la pulizia e la cura dei bambini e degli anziani all'interno della famiglia.

Queste donne stanno anche assicurando che ci sia un rifornimento continuo di razioni, coperte e altri beni essenziali necessari nei luoghi di protesta. 

In assenza di uomini, le donne gestiscono circa 100 siti di protesta in Punjab per mantenere lo slancio nello stato di origine.








2 febbraio 2021

Un tweet della popolare popstar Rihanna, riportando un articolo pubblicato dalla Cnn, si chiede «perché non stiamo parlando di questo?».

L'articolo in calce al tweet riporta la notizia del blackout totale delle telecomunicazioni imposto dalle autorità in gran parte dei distretti dello stato dell’Haryana, al confine con la capitale New Delhi, per impedire alle centinaia di migliaia di contadini di organizzare nuove proteste coordinate. 

La misura, introdotta appena dopo gli scontri tra polizia e manifestanti del 26 gennaio, avrebbe dovuto esaurirsi alla fine del mese.




Il blackout delle telecomunicazioni è una delle tecniche predilette dal governo guidato dal premier Narendra Modi, cui è ricorso sistematicamente per ostacolare il dissenso popolare: oltre al Kashmir, dove blackout simili sono durati anche mesi, i manifestanti indiani sono rimasti senza rete internet anche durante le proteste contro la legge sulla cittadinanza dello scorso anno e nelle mobilitazioni nel nordest del Paese.

Il tweet di Rihanna ha innescato una reazione a catena che ha coinvolto decine di celebrità, tra cui l’attivista Meena Harris, autrice e nipote della vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, e Greta Thunberg, tutte a ripostare articoli in lingua inglese dedicati alle proteste contadine. 

Nel tweet di Harris si legge: «Dovremmo TUTTI essere indignati dal blocco di internet e dalla violenza paramilitare contro i contadini in manifestazione in India».

Le celebrità filogovernative indiane si sono mobilitate intorno all’hashtag #IndiaTogether, esortando i propri follower a rimanere uniti e non permettere di dividere il Paese. Tra i vip mobilitati dalla propaganda indiana si contano numerose superstar di Bollywood (Akshay Kumar, tra l’altro cittadino canadese, Kangana Ranaut, Karan Johar) e del cricket (Sachin Tendulkar, ex capitano della nazionale ora deputato del partito di Modi).

I coordinatori della protesta si sono detti «orgogliosi» del supporto manifestato da «eminenti personalità internazionali», e hanno rilanciato i temi della protesta.








04 Febbraio 2021

Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico, nota per le sue manifestazioni regolari tenute davanti al Riksdag a Stoccolma, in Svezia, con lo slogan Skolstrejk för klimatet («Sciopero scolastico per il clima»), ha rilanciato su Twitter gli hashtag #StandwithFarmers e #FarmersProtest, scrivendo: «Continuo a sostenere i contadini nella loro protesta pacifica. Gli assalti degli haters, le minacce o le violazioni dei miei diritti non mi faranno cambiare idea».

Il tweet risponde alla notizia che la sezione crimini cibernetici della Polizia di Delhi avrebbe incluso il suo nome in un First Information Report FIR, l'avviso di garanzia che in India prelude all'avvio di un'indagine.

Oltre a Greta Thunberg varie altre personalità di tutto il mondo sono accusate per avere fatto parte di «una cospirazione internazionale tesa a diffamare il paese».

In particolare, si cita anche Rihanna.

La protesta contro le «interferenze» delle «personalità estere» si è accesa ancor più, quando diversi attivisti dello United Hindu Front (UHF) hanno bruciato alcune effigi raffiguranti i volti dell'attivista svedese e della cantante a Nuova Delhi.












Kiev, 26 Ottobre2020

Un'attivista del movimento Femen protesta nuda fuori dall'ambasciata polacca a Kiev, in Ucraina, contro una sentenza della Corte Costituzionale della Polonia che vieta quasi totalmente la possibilità di ricorrere all'aborto. 

L'attivista viene rapidamente trascinata via dalla polizia.

Il 22 ottobre 2020 la Corte costituzionale polacca ha stabilito che porre termine alla vita di un feto malformato è incostituzionale. Di conseguenza l'aborto è valido solo in caso di stupro e incesto e per proteggere la vita della madre.

Le leggi sull'aborto in Polonia erano già tra le più severe al mondo e si stima che circa 100mila donne vadano all'estero ogni anno per interrompere la gravidanza aggirando le restrizioni in patria.







Varsavia, 30 Ottobre 2020

Su Twitter appare la foto di una donna che sventola una bandiera. 

La posta Marta Habior, produttrice cinematografica di Varsavia che scrive: "Al bando ogni espressione di sessismo". 


A Varsavia si è tenuta una manifestazione nazionale. Le immagini dall'alto mostrano i grandi viali invasi da una massa di persone senza precedenti. Centomila, dicono le stime. 



Il simbolo del movimento Strajk Kobiet (Polish Women’s Strike), un minaccioso fulmine rosso, è dipinto sui cartelli, sui vestiti, sulle mascherine, sui volti delle donne. Vogliono far arrivare ovunque le loro istanze, lo fanno con i "fuck off" e "PiS off" (il riferimento è al partito di governo) scritti sui cartelli o alzando semplicemente il dito medio. 



Cantano "Bella Ciao". Una alza nel cielo di Varsavia un cartello con il "No pasaran!" lanciato nel 1936 dalla "pasionaria" anti-fascista Dolores Ibarruri.




La foto della donna con la bandiera rievoca la "Marianne" di Delacroix, la "libertà che guida il popolo". 








Varsavia, 28 Gennaio 2021

Violenta risposta repressiva del governo di maggioranza sovranista polacco contro il movimento delle donne, Strajk Kobiet, che aveva organizzato una nuova manifestazione contro l'annunciato irrigidimento delle già durissime leggi anti-aborto. 

Cortei di protesta hanno riunito migliaia di persone anche a Cracovia, la città di papa Wojtyla, a Lublino e in diverse altre città.

"Noi abbiamo il diritto di protestare", hanno scandito le donne in piazza, nelle manifestazioni non a caso indette nel giorno del 102esimo anniversario della concessione del diritto di voto alle donne in Polonia. 



L'intervento della polizia è stato brutale, sono state pestate a sangue alcune leader del movimento e delle giornaliste.

La proposta di legge non ancora operativa prevede di vietare a una donna di abortire anche se porta in grembo un feto destinato con gravi malformazioni. La proposta era venuta dal partito di maggioranza sovranista PiS (Prawo i Sprawiedlywosc, Diritto e Giustizia) del leader storico della destra, vicepremier e vero uomo forte Jaroslaw Kaczynski. E accolta dalla Corte suprema, ormai come in Ungheria non piú potere giudiziario indipendente bensí controllato dall'esecutivo.

La chiesa cattolica appare schierata in maggioranza col governo. L'arcivescovo di Cracovia, Marek Jedraszewski, ha lanciato un anatema contro il presunto "neomarxismo" dell'Unione europea che vorrebbe imporre alla Polonia norme e leggi contronatura.

Il partito di governo polacco ha pronta una legge per vietare ogni evento pubblico lgbtq (relativo alla comunità Lesbica, Gay, Bisessuale, Transgender e Queer). Leggi anti-lgbtq sono pronte anche in Ungheria. 






Varsavia, 29 Gennaio 2021

La leader di Strajk Kobiet Klementyna Suchanow è stata arrestata nel corso di scontri tra forze di sicurezza e manifestanti svoltisi nel centro della capitale.

I dimostranti stavano tentando di dare l'assalto al palazzo neoclassico che ospita la Corte Costituzionale. 

Vengono da ogni parte del Paese con ogni mezzo. Il governo sta facendo affluire da ogni città e regione nella capitale consistenti rinforzi sia di polizia antisommossa sia della Zandarmeria Wojskowa, la Gendarmeria Militare, 




Per Marta Lempart, un'altra leader del Strajk Kobiet, «adesso non c’è nessuna via di mezzo, nessun compromesso: da una parte ci sono le donne, dall’altro i sadici di stato. Da una parte c’è lo Stato di diritto e della legalità, dall’altro la violenza di Stato».




«Merda, merda, merda del Signore!»




Mosca, 05 Febbraio 2021

La Russia ha espulso tre diplomatici da Germania, Svezia e Polonia per essersi uniti alle proteste a sostegno dell'attivista dell'opposizione Alexei Navalnyferoce critico del presidente russo Vladimir Putin.

Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che i tre hanno preso parte a "manifestazioni illegali".

I paesi d'origine dei diplomatici hanno condannato le espulsioni, così come il Regno Unito, la Francia e l'UE.

La Germania ha denunciato l'espulsione come "in alcun modo giustificata".

La Polonia ha detto che l'espulsione potrebbe portare ad "un ulteriore crisi delle relazioni bilaterali".





Mosca, 29 Gennaio 2021

In un'udienza di appello tramite collegamento video, l'attivista russo anti-Putin Alexei Navalny ha denunciato la sua detenzione come "palesemente illegale" .

Un giudice ha ascoltato e poi respinto il suo ricorso contro la detenzione di 30 giorni.

Navalny è accusato di non aver ottemperato all’obbligo di firma legato ad una sua vecchia condanna, nonostante fosse in coma dopo essere stato avvelenato. 

L’arresto è l’ennesimo tentativo del regime di Putin di mettere un bavaglio al suo nemico politico.



Mosca, 2 Febbraio 2021

Dopo la decisione del tribunale di condannare a 3 anni e mezzo di carcere Alexei Navalny, il più importante oppositore del presidente russo Vladimir Putin, ci sono state manifestazioni di protesta in tutta la Russia. 

In un solo giorno ci sono stati oltre 1400 arresti, secondo OVD-info, un’associazione che monitora la persecuzione politica in Russia.


La maggior parte degli arresti, più di 1.100, è avvenuta nella capitale Mosca, dove sono state filmate violenze degli agenti di polizia nei confronti dei manifestanti.

Altre 246 persone sono state arrestate a San Pietroburgo.



Navalny si è affermato nei primi anni Duemila soprattutto grazie alla sua attività di blogger anti-corruzione mentre si ritagliava una carriera politica nell’opposizione russa. 

Nel corso degli anni ha subito diversi arresti per aver organizzato e aver partecipato a cortei per la democrazia, mentre nel 2014 è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere con la condizionale per appropriazione indebita di ampie somme di denaro da alcune società. 

La sentenza è stata definita pilotata e politica da parte di organizzazioni come Amnesty international, versione confermata anche dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo




Durante alcuni comizi ha subito attacchi con agenti chimici. Nel 2019 è stato incarcerato e poi ricoverato per sospetto avvelenamento.

Diverse inchieste internazionali hanno dimostrato come dietro all’ultimo avvelenamento ci fosse l’agenzia di sicurezza interna dello stato russo, una tesi di cui lo stesso Navalny è sempre stato convinto. 

Curato in Germania, ha deciso di tornare nella sua terra ma appena sbarcato è stato arrestato, come d’altronde avevano preannunciato le autorità russe. 






La politica russa sta entrando in una nuova fase che comporterà proteste di massa più ampie e coordinate contro la "percepita impunità e illegalità del sistema di Putin"scrive Joshua Yaffa.





Yaffa descrive le "scene di polizia che impiegano la forza bruta" che hanno riempito i social media


Ma l'attuale movimento anti-Putin e pro-Navalny non è un nuovo, giovane fenomeno online, piuttosto è la continuazione di una resistenza indurita dalla battaglia a vent'anni di malgoverno. 





Al momento della famigerata esibizione del gruppo femminile punk-rock Pussy Riot in una cattedrale di Mosca il 21 febbraio 2012, che ha portato alla carcerazione di Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, in seguito anche di Yekaterina Samutsevich, con l'accusa di teppismo, il movimento di protesta anti-Putin stava già rendendo il sovrano autocratico molto nervoso.

La canzone metteva in scena una sorta di preghiera punk, con un'invocazione a Theotókos (Madre di Dio, cioè la Beata Vergine Maria; in russo, Bogorodice), affinché "mandi via Putin". Il ritornello è su musica di Sergej Rachmaninov (Bogorodice Devo, radujsja, dai Vespri). La canzone menziona anche il patriarca russo Cirillo I, indicandolo come qualcuno che crede più in Putin che in Di dandogli esplicitamente della puttana.







Un mese prima dell'esibizione nella cattedrale, la band era apparsa nei loro abiti e passamontagna fluorescenti nella Piazza Rossa





Solo tre mesi prima, il 1° ottobre 2011, avevano pubblicato la loro prima canzone, "Ubey seksista" ("Kill the Sexist"), annunciando l'arrivo delle Pussy Riot, un'opposizione radicale all'autoritarismo, al patriarcato e al capitalismo clientelare che caratterizzano il governo di Putin.

Il collettivo ha poi rilasciato il video di "Kropotkin Vodka" con un montaggio di apparizioni pubbliche in luoghi alla moda intorno a Mosca. I luoghi sono stati scelti, scrive la band, in particolare come "siti proibiti a Mosca". 





I concerti si sono svolti in luoghi pubblici per ricchi putinisti: boutique nella capitale, sfilate di moda, auto di lusso e tetti vicino ai bar del Cremlino. Gli spettacoli includevano incendi dolosi e una serie di occupazioni musicali di aree glamour della capitale.


La canzone prende il titolo e l'ispirazione da Peter Kropotkin, l'aristocratico russo del XIX secolo diventato intellettuale anarco-comunista.


A metà dicembre 2011, la band ha eseguito la canzone "Smert tyurme, svobodu protestu" ("Death to Prison, Freedom to Protests") sul tetto di un centro di detenzione che ospitava gli attivisti politici Alexey Navalny e Ilya Yashin, arrestati una settimana prima durante una protesta di massa contro il risultato delle elezioni.


Questo è stato al culmine del movimento anti-Putin quando più di 100.000 persone sono scese nelle strade di Mosca cantando "Russia senza Putin" , "Putin è un ladro" e chiedendo libere elezioni.








01 Febbraio 2021

A seguito dell'ondata di proteste in Russia per l'incarcerazione di Alexei Navalny le Pussy Riot pubblicano una nuova canzone.

"БЕСИТ" ("Rage") chiede il rilascio di Navalny e di tutti i prigionieri politici, compresa Masha Alekhina, membro delle Pussy Riot che è agli arresti domiciliari e rischia due anni di carcere per aver inviato messaggi e aver partecipato alle proteste.

"Quello che sta accadendo in Russia è oltraggioso e inaccettabile. Putin deve andarsene. È un uomo pazzo, triste, solo e corrotto, pericoloso per la società", dice la co-autrice della canzone Nadya Tolokonnikova.

Durante le riprese del video a San Pietroburgo, con la partecipazione di oltre 200 attiviste LGBTQ, femministe e anti-autoritarie, lo studio è stato perquisito dalla polizia e l'elettricità nell'edificio è stata interrotta. 

Tolokonnikova e altri sono stati accusati di "propaganda gay" e 12 attivisti, tra cui Tolokonnikova, sono stati detenuti per diverse ore.

Le Pussy Riot chiedono ai fan di partecipare a una campagna per chiedere il rilascio dei prigionieri politici in Russia pubblicando una varietà di clip di 10 secondi o una foto messi a disposizione con gli hashtag #FreeNavalny #FreePussyRiot #FreePoliticalPrisoners #БЕСИТ 

I sostenitori possono anche allegare un collegamento al video "Rage" e rafforzare il messaggio con le le parole: "Sono con Pussy Riot. La Russia sarà libera".






Prayers crawl towards the cross
Golden marks upon their frocks
Freedom's ghost has left these lands
Help us if you can
KGB have turned to saints
Gay parades sent off in chains
Blessed limousines congest the streets
To hail their saint-in-chief
Holy Mary, drive Putin away
Drive away this darkness from your halls
Drive away the ungodly souls
Our Lady tear the eagle off your walls

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